I rischi del ricorso a una sola fonte di approvvigionamento
Durante la pandemia, sono stati numerosi gli episodi di mancati rifornimenti in diverse regioni del mondo. Scorte insufficienti di dispositivi medici e di altri prodotti fabbricati in Cina hanno messo in evidenza i rischi legati all’approvvigionamento da una singola fonte. Allo stesso tempo, le tariffe doganali rimangono un problema costante e la guerra commerciale tra Stati Uniti e Cina continua a rappresentare motivo di preoccupazione per molte aziende.
L’obiettivo delle tariffe doganali è modificare i comportamenti d’acquisto che beneficiano la Cina e probabilmente aumentare i profitti, anche se solo in misura limitata, oltre che punire e scoraggiare la pratica della violazione dei diritti di proprietà intellettuale. Un altro obiettivo delle tariffe sulle importazioni è modificare il flusso delle merci lungo l’intera supply chain.
Gli Stati Uniti e altri paesi che dipendono dalla Cina per la produzione di una grande quantità di merci dei prodotti hanno fondamentalmente spinto le aziende a rivolgersi all’estero per l’approvvigionamento, con la Cina che si è aggiudicata una parte consistente degli ordini. Nel corso dei decenni, l’occupazione nel settore manifatturiero statunitense è peggiorata, la produzione è diminuita e ne è derivato un forte deficit commerciale. Recenti incrementi delle tariffe doganali hanno ridotto il deficit commerciale, che nel 2019 ammontava a 346 miliardi di dollari, spostando il commercio verso altre destinazioni.
Un altro obiettivo dell’aumento delle tariffe doganali è la negoziazione di tassi migliori o la riduzione delle barriere commerciali verso un altro paese: in questo caso, la richiesta alla Cina di acquistare più beni e servizi dagli Stati Uniti. Un vantaggio minimo, rispetto alla situazione complessiva, proverrebbe dai profitti derivanti dall’applicazione dei dazi.
Gestione dell’approvvigionamento di produzione tramite i sistemi tecnologici di un centro di controllo
I retailer devono considerare l’impatto a breve termine di una guerra commerciale con la Cina ed esaminare altre opzioni a livello di determinazione dei prezzi e approvvigionamento. I dazi non sono elementi nuovi, soprattutto per quanto riguarda il settore dell’abbigliamento e delle calzature. Nel breve termine, i retailer e i brand devono elaborare strategie per affrontare l’impatto dell’aumento dei costi e decidere come applicarlo ai prezzi.
Nel più lungo termine, i retailer possono intervenire su due aspetti: materiali e luogo di produzione. I designer dei prodotti possono sfruttare l’Harmonized Tariff Schedule (HTS o HS) e l’esclusione di alcuni materiali per creare nuove configurazioni dei prodotti in una soluzione di product lifecycle management che riduce l’incidenza delle tariffe doganali. Ma alcuni settori potrebbero trovare più semplice modificare i prodotti sulla base delle tariffe poiché la complessità dei materiali interessati varia dai tessuti “fatti a mano”, come il rayon, ai “tessuti piatti”.
Se le tariffe stabilite nella Section 301 e i dettagli relativi variano, i retailer e i brand possono decidere di cambiare i paesi da cui approvvigionarsi. Molti retailer di rilievo stanno passando a fornitori e aziende presenti in svariate regioni geografiche per diversificare i rischi.
La carenza di forniture del 2020 ha ulteriormente rivelato la nostra dipendenza dalla Cina per una grande varietà di prodotti. Quando è scoppiata la pandemia, la produzione in Cina si è fermata in tutti i settori, dalla moda agli elettrodomestici, dai dispositivi medici ai farmaci, fino ai dispositivi di protezione individuale (DPI). La Cina, fonte di approvvigionamento principale della maggior parte di queste merci, ha deciso di dare la priorità alle necessità nazionali prima di soddisfare le richieste degli altri paesi. Scorte insufficienti, capacità produttiva nazionale non adeguata o ritardata e riduzione delle esportazioni dalla Cina hanno causato una penuria di questi prodotti in tutto il mondo.
Di fronte a un approvvigionamento legato per lo più alla Cina, i retailer e i brand hanno riconosciuto l’esigenza di potenziare la produzione in una regione e di ridurla in un’altra e, se possibile, di aumentare la produzione nazionale. Grazie alla dipendenza di tutto il mondo dalla produzione cinese, le retribuzioni dei lavoratori cinesi sono cresciute stabilmente del 300% negli ultimi 10 anni, erodendo lentamente i risparmi sui costi considerati inizialmente molto allettanti. Anche se si tratta di un’ottima notizia per i cittadini cinesi, i retailer globali stanno ripensando l’approvvigionamento sulla base di costi che includono manodopera, tariffe doganali, lead time, condizioni di lavoro e sostenibilità dei produttori cinesi.
Secondo BBC News, i segnali indicano che la domanda di esportazioni dalla Cina da parte dei retailer statunitensi è diminuita di oltre il 16% nel 2019, un cambiamento significativo rispetto ai decenni precedenti. Anche se si tratta soltanto di un anno, ci sono già prove che le importazioni da altri paesi asiatici si sono impennate.
Alla luce di tutte queste informazioni, i responsabili della pianificazione dell’assortimento possono prendere in considerazione prodotti sia a marchio privato del team di stilisti interno che forniti da terzi. Prima di finalizzare gli acquisti stagionali, occorre aggregare le fonti di approvvigionamento regionali eseguendo analisi basate sulle percentuali di categorie, categorie trasversali, prezzo, margini, lead time e molto altro.
Mentre le merci si muovono lungo l’intera supply chain, un centro di controllo interconnesso può fornire visibilità ai prodotti provenienti dalla Cina, dal Vietnam, dal Sud America, così come ai prodotti nazionali, per accertarsi di prevedere qualsiasi problema e interruzione e di elaborare una strategia di mitigazione adeguata.
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